sabato 30 marzo 2013

Di pagine bianche e pareti vuote

Vivo in questa casa da poco più di un anno, eppure non la considero finita, c'è ancora molto da fare, da creare, da aggiungere.
Una delle cose che ho proprio lasciato per ultima, e che per qualche motivo continuo a rimandare, è l'arredamento delle pareti.
In particolare, vorrei cominciare dallo studio, che è una delle mie stanze preferite.
Innanzitutto perché è rossa, di un rosso che ho fortemente desiderato e voluto (e ovviamente ottenuto). Secondo me una donna dovrebbe sempre avere almeno una stanza rossa nella propria casa, per una serie di ottime ragioni.
La stanza è rettangolare, con parquet originale di inizio Novecento, una bella finestra ampia e luminosa e  tende bianche e leggere che toccano abbondantemente il pavimento.
L'arredamento è molto essenziale: divano letto (quello che si apre chiudendoti dentro, mannaggia a me), piccola libreria, scrivania davanti alla finestra. Tutto bianco. E una sedia Louis Ghost di Kartell, trasparente cristallo.

Una delle pareti è - ancora- completamente vuota. Eccola.



L'idea è quella di riempirla di foto incorniciate. Le foto avranno tutte lo stesso tema (che ho ben chiaro in mente) e le cornici dovranno avere dimensioni e stili diversi, ma tutte rigorosamente bianche.
Ne ho già prese alcune all'Ikea, di varie misure, per vedere un po' che effetto potessero fare


Nel frattempo, con la scusa di dover selezionare le fotografie, continuo a rimandare.
Perché una volta cominciato il lavoro, ovvero piantati i chiodi per appendere le cornici, non si torna indietro.
La realizzazione dei colori di casa è un argomento simpatico e terrificante su cui tornerò più avanti; basti sapere che l'idea di sbagliare, di dover ridipingere, ricreare il colore, sistemare qualcosa mi terrorizza.

Per cercare di chiarirmi le idee e agevolare l'ispirazione, ho cercato in rete un po' di immagini, che ho catalogato nel mio board "Hot or Not" su Pinterest





Ma adesso: come si affronta la disposizione delle cornici? Tutte allineate o sfalsate? Su tutta la parete o solo su una parte? Tante o poche? (quante sono tante e quante sono poche?) Solo su una parete o anche su quella opposta, parzialmente occupata dalla libreria e dal divano?

Temo che il rosso dominerà ancora per molto, molto tempo...

lunedì 25 marzo 2013

L'unione fa la forza. O no.

Wikipedia mi informa che: "Comunemente si associa all'interior designer una figura più simile ad uno stilista d'interni, ma in realtà il designer presta particolare attenzione agli aspetti pratici e funzionali del vivere la casa [ad esempio, eccetera eccetera...]".

Io, di mio, avevo questa cosa che mi fidavo poco. 
Che tanto son tutti lì a fregarmi, e chissà cosa ci vuole, e insomma posso fare io.
Mi sono trovata a gestire delle ristrutturazioni da sola.
LA LUNA NERA.
Quindi.
A meno che siate degli esperti (e -chiaramente- dal mio nome capirete bene che non solo io NON lo sono, ma graziaddio non mi sono mia considerata tale), evitatelo. Come la peste. Come gli uomini coi calzini bianchi. Come le vacanze con la suocera*. Come il formaggio sul branzino.
NO, NO e NO.

Intendiamoci, non sto parlando di arredamento, di disposizione degli elementi d'arredo, di gusto nelle scelte. Quella è la parte divertente e chi si affida a un professionista io non lo capisco, ma del resto io non capisco nemmeno quelli che usano i wedding planner, che mi fa ridere solo a pensarci.
No: io parlo di un vero e proprio lavoro di interpretazionetraduzione e mediazione. Come con chi!? Con quell'agglomerato di persone che, dal momento dell'assunzione dell'incarico al giorno in cui metterete piede nella vostra casa, sfiniti come dopo una retata in Monte Napoleone il primo giorno di saldi, saranno l'oggetto delle vostre sedute dallo psicanalista padroni assoluti dei vostri soldi, del vostro tempo, dei vostri nervi: l'impresa edile, per gli amici L'IMPRESA.

Già il nome pare foriero di cose buone: impresa, imprendere, intraprendere, FARE.
E poi è un nome collettivo, cioè l'impresa è una, ma di fatto è una squadra di persone che insieme rappresentano tutte le competenze, le expertise e le abilità che ti servono: muratore, gessista, imbianchino, falegname, parquettista, tutti! E tutti lì per te, per la tua casa, un team di persone che sanno quello che fanno e grazie alle quali non dovrai più (pre)occuparti di nulla!

Evviva! Champagne per tutti che festeggiamo.

Wroooong!

Assioma: se fino alla firma del contratto era tutto un parlare di muri, impianti elettrici, scarichi, parquet e attacchi del gas (ce la posso fare), non appena l'impresa comincia a lavorare scopri un idioma che ti sembra abbia qualche assonanza con lo swahili, di certo non con l'italiano (con la differenza che almeno in Kenya potevi farti capire a gesti).
All'improvviso sono all'ordine del giorno frasi tipo "eh, qui si pensava di risolvere il disallineamento della soletta con un carotaggio per la guaina di impermeabilizzazione e ç°Xç§>ççDSX;§A§àòsz++*ZéX__X:::" (eh?!?) "...quindi signora decida lei, se preferisce che agiamo con °çXSçDS%&%£$ oppure attraverso la tecnica del ?=)()=ç°§ç°S@#@#@[, che però le costa un pò di più ma probabilmente è più sicura".
Eh?! Chi? Io? EH?!?
"Sì, insomma, possiamo portarle il tubo dell'acqua nell'altra stanza, ma poi @#))0'sxd;d's e la pendenza dell'1,8% potrebbe non essere sufficiente e #[]]@°òSàòLFDàS..."
"QUINDI?!?!?"
"Quindi la lavatrice possiamo metterla, ma magari è un pò in pendenza"
"Che cazzo me ne frega, ci metto sotto un tassello e bon Va bene, procedete"

Postulato: tutto ciò che non è esplicitamente previsto dal contratto, non è dovuto. E guai a considerarlo sottinteso. Per esempio, qualcuno dovrebbe dirvelo che se nel capitolato non è specificato l' "obbligo di squadra" significa che vi possono consegnare una casa con i muri storti. Almeno avvisami, diamine.
Che io avrei anche pagato qualcosa in più per avere i muri dritti, quella volta di 7 anni fa, in cui alla fine ho abitato per due anni un una casa meravigliosa. Coi muri storti.

Teoria: se assumi un interprete, non hai problemi. Cioè un architetto. Una persona fidata, che capisca quel che vuoi tu e lo traduca all'impresa; che quando ci sono degli imprevisti sappia valutarne l'entità e proporti soluzioni, senza gettarti nel panico. Che ti suggerisca alternative valide e funzionali, quando ti impunti su qualcosa di stupido e batti i piedi come quella volta che a quattro anni non ti hanno fatto fare il 42esimo giro in giostra.
Tanto io fra il pratico  e il bello scelgo sempre il bello. Con me è facile, ho il cervello biondo, ok, passiamo oltre.
Dalla mia modestissima ma piuttosto variegata esperienza, posso dire che l'Amico Architetto funziona bene. Dai, che ce l'abbiamo tutti un Amico Architetto.
L'importante è essere molto chiari sui servizi che desiderate, e su quelli a cui non siete interessati. Nel mio caso: tieni i rapporti con l'ìmpresa, supervisiona i lavori, consigliami dei fornitori che non mi svenino più di quanto l'impresa stia già facendo, dòtati di poteri telepatici e suggeriscimi sempre e solo quel che mi piace. No, non voglio un designer, le idee sulla disposizione dell'arredamento ce le ho chiare da me, thank you very much.

Cosa ha funzionato: ingaggiare l'Architetto donna con il fisico da Sailor Moon e due tette spaziali. L'impresa ha sempre rigato dritto (a parte la questione dei muri storti, ma è una lunga storia e obiettivamente non era colpa dell'amica)
Cosa non ha funzionato: il 2x1, due amici con competenze leggermente diverse che lavorano ENTRAMBI per la stessa causa, che poi è casa tua. Risultato: io ho una casa meravigliosa, frutto della competenza di non uno, ma due ottimi professionisti. Loro non si rivolgono più la parola da oltre un anno.




*il prossimo weekend vado in vacanza con la suocera. Certe cose non le imparo mai abbastanza.


domenica 17 marzo 2013

L'incomincio

L'inizio è sempre un pò difficile per tutti.
C'è chi ha il blocco dello scrittore, chi soffre di panico da pagina bianca, io sono soggetta all'angoscia da planimetria.
Vedo una piantina e... sbang! Il cervello va in pappa. Io che ho sempre avuto il massimo dei voti in inglese, in latino, in tedesco (solo perchè non ho fatto il classico, altrimenti avrei avuto 9 anche in greco, ne sono certa) non so codificare questa lingua fatta di linee che misteriosamente s'intersecano e ti raccontano dove stai per trascorrere, se non il resto dei tuoi giorni, quanto meno un bel pò di tempo.
Capite l'importanza, insomma.
Appunto.
Originale

mia felice interpretazione


Possibilità di sbagliare? Millemila.
Eventualità di fare una cazzata? A pacchi.
Probabilità di acquistare quel divano meraviglioso che starebbe così bene in salotto, e passare la tua esistenza a scavalcarlo per potertici sedere, perchè è decisamente troppo grande? Infinite.

Data l'ansia che sta cosa mi provoca, devo dire che nel corso dei miei vari spostamenti e traslochi ho preso appunti. E qualcosa ho imparato.

Vediamo i 3 must-have della brava Arredatrice (non Ignorante come la sottoscritta):
. indipendentemente dalle dimensioni dell'appartamento e dalla scala della planimetria, le stanze sulla piantina sembrano sempre più piccole di quel che sono realmente. Fate sempre attenzione a riportare correttamente le misure di qualsiasi cosa, ma se sulla piantina ci sta: fidatevi. La piantina non sbaglia. La piantina è Dio.
. attenzione agli ingombri degli elementi strutturali. Quei mezzi cerchietti che l'architetto riporta sui vostri insulsi pezzettini di carta non sono vezzi, bensì porte che si aprono. E possibilmente dovrebbero richiudersi.
Ergo, se comprate un divano letto, calcolatene bene le dimensioni: se da aperto impedisce a una porta di aprirsi o chiudersi, no, non va bene.
(Indovinate chi ha un divano letto che se lo apri poi non esci dalla stanza a meno che tu non sia bidimensionale? Esatto. Io i miei ospiti li muro vivi. E se durante la notte gli scappa la pipì, sono fottuti)
.impianto elettrico, ovvero prese, interruttori e punti luce. Pare una cosa banale, ma individuarli e interpretarli correttamente sulle planimetrie è impresa assai ardua.
Si presentano così

ma a voi sembrerà piuttosto di trovarvi davanti a una cosa del genere


Se da bambini facevate parte dei boy scout o se, come me, alle elementari organizzavate la caccia al tesoro per il vostro compleanno, siete decisamente avvantaggiati.
Non fatevi ingannare dalla presunta piacevolezza dell'operazione. Non cedete alla stanchezza, alla noia, alla distrazione. Munitevi di MySky e l'ultimo episodio di Grey's Anatomy registratelo e guardatevelo un'altra volta.
L'impianto elettrico si affronta con concentrazione, dedizione e assoluta abnegazione.
Oppure vi ritroverete a dover pigiare l'interruttore in cucina per accendere le luci del bagno. E sarà così snervante che finirete per mettervi il mascara specchiandovi nello scolapiatti.

QUESTO maiale blu. Lo adoro.


venerdì 15 marzo 2013

Faccio cose, vedo case

Chiariamo subito: non sono un'arredatrice, un'interior designer, una wannabe home blogger.
Non sono un architetto(...tettA?) ne' lavoro nel settore. Manco vicina al settore. Tutt'altro.
Insomma, io di progettazioni, ristrutturazioni, DIA e arredamento, in fondo, non ci capisco una fava.
Pero' a me le case piacciono.
Per una serie di motivi, ne ho abitate tante. E ho odiato con ostinata coerenza ogni singolo istante del periodo in cui ancora non ci vivi ma "la fai".
C'e' gente che quando vede una piantina gia' si immagina l'arredamento. Io vedo un pezzo di carta. Non riesco a immaginarmi nulla se non settimane di rotture di balle. Per dire.
Le relazioni con le varie maestranze (si' perche' si chiama "l'impresa" ma si scopre presto che alla fine si parla con 72 persone diverse, ognuna con la sua micro-competenza) le affronto come una punizione divina.
Per non parlare dei giri in brianza per fare scouting di letti e divani.
E la cucina su misura? E dove facciamo le tracce per l'impianto elettrico? E l'idraulico che sbaglia lo scarico? E il muratore che ti mura la cassaforte? E i colori? Di che cavolo di colori le facciamo ste stanze?
E le luci, l'arredamento, ma-questo-con-questo-fa-schifo-o-sara'-radical-chic?
Ma perche' devo avere gli armadi? Non si puo' trovare un'altra soluzione per i miei quattro stracci?
La fatica, proprio.
E quando stai per finire tutto, cominci a realizzare che devi ancora affrontare la prova suprema, il girone infernale dal quale molti non sono usciti vivi: il TRASLOCO.
Niente, sono stremata al solo scriverlo.
Eh, ma allora?
Allora, dopo una quindicina di traslochi, io sta cosa della casa comincio ad amarla.
E' una sorta di sadica perversione, credo.
Provo piacere nel guardare un angolo della casa vuoto, nel non sapere che diavolo ci mettero', pregusto il momento in cui all'improvviso avverra' il colpo di fulmine. Quando lo vedi, lo tocchi, lo brami, e non c'e' scampo, quando succede sai che e' lui e lo devi avere a tutti i costi, e' il tuo oggetto del desiderio che ancora non sapevi di desiderare.
A volte e' un maiale blu.